Natale: niente di nuovo sul fronte occidentale…

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sfondi-renne-natale.jpgDi Salvo Barbagallo

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E’ Natale, ma non c’è niente di nuovo sul fronte occidentale, solo le cose alle quale siamo abituati e che sembra non tocchino nessuno.

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Nessuno (almeno apparentemente) si commuove al termine “pace” probabilmente perché in molti sono convinti che, oggi come oggi, sia un eufemismo ipocrita poiché la “pace” dipende dai potenti di turno, e la “guerra” (almeno per il momento) è lontana e si vede solo in televisione. Immagine traslata e non vissuta in prima persona.

In quanti poi, realmente, fanno riferimento ad una “fratellanza” che porti “solidarietà” a chi ne ha bisogno?

E’ Natale, undici milioni di italiani vanno in vacanza, il resto della popolazione rimarrà a casa. “Restare a casa”: potrebbe essere un fatto positivo se si tornasse a rispettare il significato di “famiglia”, quella “famiglia” che viene messa in discussione quotidianamente da episodi brutali che di “umano” non conservano più nulla. Una riflessione in merito andrebbe fatta: perché si è imboccata la strada senza ritorno dell’abbrutimento individuale e collettivo? Certo, la ferocia a più alto livello è ancora abbastanza (abbastanza?) lontana: il taglio delle teste, le “crocefissioni”, lo sterminio di bambini e adolescenti perpetrati dall’Isis ci inorridiscono, ma si cade nell’indolenza e nell’indifferenza. Ha ragione Marco Follini quando scrive su L’Huffington Post “…Quei cento e più ragazzi e bambini di Peshawar massacrati dal fanatismo talebano sono già stati dimenticati. Non se ne parla già più, quasi ad accontentare un diffuso desiderio di guardare altrove, di rimuovere la tragedia allontanandola dal nostro Natale e anche dalla nostra agenda politica, che si nutre di cose più piccole e qualche volta di cose piccine. Eppure quei bambini, quella strage, quel fanatismo non fanno parte solo di una tragedia umana che non andrebbe archiviata così frettolosamente. Pongono un serissimo problema politico. Ci avvisano dei pericoli a cui la nostra convivenza, la nostra stessa civiltà, si trovano esposte. E dovrebbero indurci a uno sguardo più lungo, più profondo, a una lettura meno meschina dei nostri dilemmi civili e politici”.

E’ Natale e i nostri “dilemmi” ci portano altrove, sempre più distanti dalle tragedie che sentiamo estranee, ma che in realtà sono “nostre” di tutta l’Umanità.

Papa Francesco può dichiararsi soddisfatto per avere contribuito al disgelo dei rapporti USA-Cuba, sicuramente la sua soddisfazione per questo successo (marginale, lasciatecelo dire, nel contesto mondiale) sarà sommerso dal dolore per i tanti e tanti e tanti innocenti (di guerre e no) che quotidianamente rimangono vittime della violenza.

E’ Natale e a noi restano i “dilemmi civili e politici”: la nomina del “nuovo” Capo dello Stato che sembra una partita a Scopone scientifico con protagonisti i cosiddetti leader (al Governo o no), la corruzione che ha “intaccato” la Capitale, la caccia ai mafiosi “noti” mentre quelli “ignoti” se la godono e continueranno a godersela, gli infantici e così discorrendo.

E’ Natale: nulla di nuovo sul fronte occidentale.

Così è, se vi pare…

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